"L'estate di Murakawa è gentile, tenera e crudele. Ha la ferocia antica e immutabile delle leggi della yakuza. Ha l'incoscienza di un'innocenza negata e vissuta su un arenile di Okinawa, ultima spiaggia, capolinea di una vita ormai estranea al protagonista e agli uomini del suo clan. Ha la grazia ludica delle gare di tiro al frisbee, delle trappole nascoste nella sabbia, di una farsesca roulette russa, delle battaglie notturne con i petardi, della simulazione di incontri di sumo. Giocare come bambini invecchiati, pieni di paure, pronti a puntare una pistola, soprattutto aspettare, accarezzare il vuoto, maestoso e dolce, nei quali i destini incerti dei personaggi possono essere risucchiati di colpo. Paesaggi, stanze, strade, città appaiono spogliati, quasi disabitati, attraversati da qualche rara automobile o da sagome di esseri umani impenetrabili. Le inquadrature hanno la compostezza seducente di un acquerello da contemplare e in cui, improvvisa e impetuosa, si accende la violenza, sbocciano fiori di sangue sui corpi, si cammina, senza un lamento o un gemito, verso la morte. Dentro un ascensore (una scena meravigliosa), seduti sul sedile posteriore di una macchina, in un night, tra due bicchieri di birra, legati e immersi nell'acqua fino ad affogare, durante un black out in un albergo, dopo uno stupro."
Tenero e crudele, melanconico e spietato, questo è il cinema di Kitano che è più grande di Akira Kurosawa
1 commento:
In un mondo in cui il nulla regna sovrano, la totale assenza di qualsiasi valore offre all'atto violento la possibilità di un riscontro esistenziale, attraverso la distruzione, che riempia il vuoto assoluto in cui si dibattono i personaggi. Ma anche la violenza è un palliativo di breve termine e l'uomo si ritrova presto solo e sconfitto dalla vita. E' questo il tema portante di Sonatine
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